martedì 17 agosto 2010

Jean-Marc Bosman e la sentenza Bosman

Nato a Liegi il 30 ottobre 1964, Jean-Marc Bosman è un calciatore belga noto più per le vicende che portarono alla famosa sentenza omonima del 1995 che rivoluzionò il calcio che per le imprese calcistiche.

Il tutto inizia nel giugno del 1990. Il suo contratto con RFC LIEGI è in scadenza e il calciatore vuole trasferirsi alla squadra francese US DUNKERQUE. La squadra belga in cui milita rifiuta il trasferimento a causa di una mancata contropartita in denaro. Nel frattempo il salario di Bosman viene ridotto del 60% e finisce praticamente fuori rosa. Nell'agosto del 1990, il calciatore belga presenta una causa contro il club di appartenenza e la federazione calcistica belga (ASBL Union Royale Belge des Societes de Football Association). Nel novembre del 1990 un tribunale belga gli da ragione e ottiene di potersi trasferire a titolo gratuito all'USDUNKERQUE. La ASBL non accetta la sentenza e presenta ricorso alla corte d'appello. Nel maggio del 1991 la corte d'appello conferma la sentenza del tribunale dando ragione a Bosman. Nel gennaio del 1992, Bosman ritorna in Belgio chiedendo un sussidio di disoccupazione ritrovandosi senza squadra, ma la sua domanda viene respinta. Nel frattempo le vicende giudiziarie in cui è coinvolto continuano a protrarsi e finiscono davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in Lusseburgo. Il 15 dicembre 1995 emise senza possibilità di ricorsi la sentenza nota come SENTENZA BOSMAN che rivoluzionerà il mondo calcio. La Corte stabilisce che l'attuale sistema di trasferimenti dei calciatori viola l'articolo 39 del Trattato di Roma in quanto costituisce una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori. A tutti i calciatori dell'Unione europea è permesso di trasferirsi gratuitamente al termine del loro contratto nel caso di trasferimento tra due squadre appartenenti a federazioni calcistiche dell'Unione Europea. La sentenza permette ai calciatori di firmare un pre-contratto, sempre a titolo gratuito, con un altro club se il contratto attuale ha una durata residua inferiore o uguale ai sei mesi. La sentenza Bosman ha anche portato alla abolizione nelle norme imposte dalle varie federazioni e dall'Uefa riguardanti il tetto del numero di calciatori stranieri che possono essere schierati nelle competizioni qualora ciò discriminasse cittadini dell'Unione Europea. All'epoca molte leghe ponevano limiti al numero dei non-nazionali schierabili in campo. La stessa Uefa imponeva alle squadre di schierare nelle sue competizioni al massimo tre stranieri.

Foto e Fonte: www.famousbelgians.net

venerdì 1 maggio 2009

HUGO HERMAN MARADONA

Blissett, Ian Rush, Darko Pancev Sasha Zavarav, Elvis Brajkovic....?
Il più grande flop del calcio italiano è sicuramente HUGO HERMAN MARADONA! Pochi di voi si ricorderanno del fratello minore del "Pibe de Oro" Diego Armando Maradona. Classe 1969, cresce calcisticamente al pari del fratello maggiore nell'Argentina Juniors di Buonos Aires. A 16 anni indossa la casacca bianco-azzurra della nazionale argentina juniores e durante i mondiali in Cina si mette in mostra. Nel 1985, fa la sua prima apparizione in Italia a Bergamo durante una partita di beneficenza giocando per circa mezz'ora a fianco del fratello e facendo intravvedere delle buone potenzialità. Nel 1988, il presidente dell'Ascoli decide di aprire le tasche del portafoglio (non si sa di quanto) e di portarselo a casa. Per lui pochi minuti di apparizione in campionato e l'anno successivo viene immediatamente rispedito a casa senza tanti rimpianti.
Da allora, di questo calciatore dalla corporatura simile a quella di Diego ma dalle doti tecniche misteriose non si hanno più notizie.

domenica 16 marzo 2008

La gara perfetta di Welkom, Sud Africa 18 aprile 2004


....Qualcosa di impensabile, anche per me. A fine gara, quando mi sono seduto a fianco della moto, ho stretto la testa tra le ginocchia e ho iniziato a ridere. Ridevo di cuore. Ridevo per l'incredibile sentimento di orgoglio, sollievo e felicità che mi aveva pervaso. E allora, mi dicevo, alla fine ho avuto ragione: ho fatto bene a lasciare la Honda.....

Valentino Rossi descrive così nel suo libro autobiografico "What if I never tried it" (Pensa se non ci avessi provato) i momenti subito dopo la vittoria di una delle più elettrizzanti gare di sempre che lo ha visto protagonista assieme al rivale Max Biaggi di una serie incredibile di sorpassi e contro sorpassi. Si corre a Welkon, Sud Africa e il pilota pesarese è al suo primo gran premio con la Yamaha dopo aver lasciato la più forte Honda, con cui ha vinto tre titoli consecutivi nelle stagioni precedenti. Biaggi invece ha fatto il percorso inverso: ha lasciato il team ufficiale della Yamaha per correre in un team satellite della Honda. Fin dai primi giri è battaglia vera: Rossi scatta davanti e tenta di allungare su Biaggi e Gibernau; solo il pilota romano riesce a mantenere il ritmo indiavolato del pilota della Yamaha e al quarto giro tenta il sorpasso ma il tentativo fallisce per dei piccoli errori. Gibernau cerca di approfittarne inserendosi tra i due, ma Biagi respinge l'attacco dello spagnolo e si riporta in scia degli scarichi del pilota di Tavullia. Al nono giro Biaggi tenta un nuovo sorpasso, ma Rossi pur disponendo di un mezzo inferiore per via dei cavalli del motore non molla e nella esse subito dopo si riporta di nuovo davanti. Solo Gibernau riesce a vederli ancora; a metà gara tutti gli altri hanno già accumulato distacchi pesantissimi. La gara prosegue: Biaggi, sfruttando il più possibile i rettilinei della pista per via dei cavalli in più della sua Honda, cerca di mettere il muso davanti al pesarese ogni volta che può; dal canto suo, Rossi cerca di resistere agli attacchi guidando al limite e facendo scodare la sua moto in tutte le curve del circuito per guadagnare metri. A quattro giri dalla fine dei 28 giri previsti, Max trova il varco giusto per superare per l'ennesima volta Valentino nel corso della gara, ma Rossi non è uno che che si arrende facilmente e così due giri dopo si riprende con prepotenza la prima posizione, posizione che riuscirà a mantenere fino alla fine della gara.

Ordine d'arrivo

1. Valentino Rossi Yamaha 43'50"218

2. Max Biaggi Honda a 0"210
3. Sete Gibernau
Honda a 18"667

4. Alex Barros Honda a 24"094
5. Nicky haiden Honda a 24"375
6. Loris Capirossi
Ducati a 28"855

7. Colkin Edwards Honda a 36"535
8. Makoto Tamada
Honda a 36"643
9. Norick Abe Yamaha a 39"284
10. Carlos Cecha
Yamaha a 43"806

11. Marco Melandri Yamaha a 432920
12. Shinya Nakano
Kawasaki a 56"028
13. John Hopkins
Suzuki a 56"558
14. Troy Bayliss
Ducati a 1'13"831
15. Shane Byrne
Aprilia a 1'22"206

domenica 20 gennaio 2008

Cade, si rialza e... vince sull'Alpe d'Huez!



Negli ultimi anni il mondo del ciclismo ha fatto parlare più per le vicende di dopping che hanno via via colpito in maniera diretta o indiretta i principali protagonisti mentre le loro imprese compiute sotto il peso della fatica e del sudore sono state spesso dimenticate. Una di queste che merita assolutamente di essere ricordata è quella compiuta nel 1999 sull'Alpe d'Huez dallo scalatore soprannominato dai suoi tifosi Beppe Turbo, all'anagrafe Giuseppe Guerini. L'Alpe d'Huez è una tappa in salita del Tour de France che si snoda su un percorso di 14 chilometri e 21 tornanti e che presenta un dislivello di 1110 metri (da 740 a 1850 metri), con una pendenza media dell'8%. In ogni tornante c'è una targa in ricordo dei vincitori di questa tappa. Tra questi vi sono autentici fuoriclasse delle due ruote come Fausto Coppi (1952), Gianni Bugno (1991 e 1992), Marco Pantani (1995 e 1997) e Lance Armstrong (2002). E, a partire dal 1999, accanto a questi nomi, figura, appunto, quello di Giuseppe Guerini. Il ciclista italiano, giunto oramai a poche centinaia di metri dal tragurdo, si scontrò con un imprudente spettatore tedesco e cadde (guarda il video). Come se nulla fosse accaduto, si rimise subito in sella e riuscì ad aggiudicarsi la tappa firmando così con il suo nome una delle più grandi imprese di sempre che il mondo del ciclismo conosca.

domenica 13 gennaio 2008

James Bredan Connolly, il primo campione olimpico dell'era moderna

Il primo vincitore di un titolo in una competizione nella storia delle Olimpiadi moderne fu l'americano James Bredan Connolly (vedi foto a fianco tratta dal sito www. olympic.org). Nato a Boston il 28 ottobre del 1868 in una povera e numerosa famiglia cattolica di origine irlandese, completò la sua formazione scolastica frequentando prima la Notre Dame Academuy e poi la Mather and Lawrence grammar school. A causa della povertà della famiglia non potè iscriversi alla high school ma fu costretto a lavorare prima come impiegato in una compagnia di assicurazioni a Boston e successivamente entrò nel genio dell'esercito degli Stati Uniti a Savannah in Georgia. Il suo amore e talento per lo sport e l'impatto sulla vita sociale della comunità divennerò ben presto evidenti. Invitato nel 1891 ad una riunione speciale della Catholic Library Association (CLA) di Savannah, James si rivelò determinante nel fondare la squadra di football, tanto che gli furono affidati i galloni di capitano. Iniziò poi a scrivere di sport per il "Lamplight", un settimanale locale per cui veniva pagato cinque dollari a settimana. Durante l'estate del 1892 venne anche nominato capitano della squadra ciclistica della CLA. Non del tutto soddisfatto della sua posizione sociale, Connolly decise anche di recuperare gli anni persi della high school studiando da autodidatta. Nel mese di ottobre 1895, si presentò per l'esame d'ingresso alla Lawrence Scientific School e venne accettato al corso di letteratura classica alla Harvard University. Nel frattempo un infortunio riportato durante una partita di football lo convinse a dedicarsi all'atletica, sport che per lui non era certo una novità dal momento che nel 1890 aveva vinto la gara del salto triplo ai campionati dilentantici degli Stati Uniti come membro della Trimounth Athletich Club di South Boston. Nel 1894, con la fondazione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) da parte di Pierre de Couberten, venne decisa la prima edizione delle moderne Olimpiadi che si dovevano svolgere ad Atene tra il 6 e il 15 aprile del 1896. James B. Connolly, fermamente convinto di partecipare, fece richiesta di assenza per quel periodo al presidente della commissione delle attivitità sportive, il professor William J. Bingham, ma venne respinta a causa del suo scarso rendimento scolastico. Lui stesso riferì in seguito che, le stesse autorità universitarie gli consigliarono, che se avesse voluto partecipapre ai giochi, di ritirarsi dall'università e di presenterare di nuovo domanda d'ammissione se avesse voluto proseguire gli studi. La sua risposta fu: "Io non mi ritirerò e non farò domanda di amissione. Io con Harvard la finisco adesso. Buon giorno! Non è molto chiaro cosa avvenne in realtà in questa situazione, ma da quello che risulta dagli annali dell'universtà, Connelly presentò una richiesta di ritiro onorevole che gli venne concessa il 19 marzo 1896, appena in tempo per iscriversi al piccolo Suffolk Athletic Club della sua città natale e imbarcarsi per l'Europa e poter così partecipare alle Olimpiadi. Nel giorno di apertura delle Olimpiadi di Atene 1896, la prima finale fu quella del salto triplo e James Connolly si classificò al primo posto con la misura di 13,71 metri diventando così il primo vincitore di una competizione olimpica. Si classificò inoltre secondo nel salto in alto e terzo nel salto in lungo. Ritornato a Boston fu accolto entusiasticamente dalla sua città e gli fu regalato anche un orologio. Nel 1900 cercherà di difendere a Parigi il titolo nel salto triplo vinto quattro anni prima ad Atene, ma l'impresa non gli riuscì. Ma lui non era solo un atleta ma anche uno scrittore. Dopo aver pubblicato il resoconto della Guerra Ispano-Americana a cui aveva partecipato in prima poersona come membro della 9° Fanteria Irlandese del Massachusetts, nel 1904 si presentò alla terza edizione dei giochi olimpici in qualità di giornalista. Trascorse poi diversi anni a bordo di vascelli, barche di ogni tipo e navi da guerra in navigazione in giro per il mondo e questo gli permise di scrivere di navigazione. In tutto pubblicò più di 200 racconti e 25 romanzi. Cercò anche per due volte di farsi eleggere tra le file del partito Progressista come membro del Congresso degli Stati Uniti, ma non ci riuscì. Nel 1948 ricevette in dono dall'università di Harvard un maglione sportivo in segno di riconoscenza; nel 1949 gli venne anche assegnato anche un dottorato onorario sempre da parte di Harvard ma lui rifiutò. Morì il 21 gennaio 1957 a New York all'età di 88 anni.

Curiosità di Atene 1896, la prima edizione delle Olimpiadi moderne

La prima edizione delle Olimpiadi moderne si svolse ad Atene tra il 6 e il 15 aprile del 1896. Gli atleti iscritti, tutti non professionisti e rigorosamente tutti maschi per volere di de Coubertin che voleva conservare la tradizione classica delle antiche olimpiadi, furono 249 di cui 168 greci e altri 81 (14 statunitensi) in rappresentanza di 13 paesi. Non ufficilcialmente partecipò a una gara di atletica anche una donna greca di umili origini, di nome Stamati Revithi; corse tra le altre cose da sola e gli fu impedito di completare il giro all'interno dello stadio. Le gare totali furono in tutto 43 suddivise in 9 discipline: atletica leggera, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, scherma, sollevamento pesi, tennis e tiro.La premiazione era del tutto differente da quella attuale: solo il primo e secondo atleta venivano premiati. Inoltre non veniva assegnata la medaglia d'oro ma al primo classificato andava la medaglia d'argento e una corona d'ulivo, mentre al secondo una medaglia di bronzo e una corona d'alloro.

MEDAGLIERE OLIMPIADI ORO ARGENTO BRONZO TOTALE
1. Stati Uniti 11 7 2 20
2. Grecia 10 17 19 46
3. Germania 6 5 2 13
4. Francia 5 4 2 11
5. Gran Bretagna 2 3 2 7
6. Ungheria 2 1 3 6
7. Austria 2 1 2 5
8. Australia 2 0 0 2
9. Danimarca 1 2 3 6
10. Svizzera 1 2 0 3
11. Squadra mista 1 1 1 3

martedì 6 novembre 2007

Nils Liedholm

Ieri sera si è spento all'eta di 85 anni "il Barone" Nils Liedholm. Nato a Valdemarsvik (Svezia), l'8 ottobre 1922, dal 1942 al 1949 vive da protagonista sette edizioni del campionato svedese di calcio, vincendo due scudetti. Poi, passa al Milan, dove milita per ben dodici stagioni, fino al 1961, formando assieme a Nordhal e Gren il trio leggendario Gre-No-Li. In maglia rossonera colleziona ben 359 presenze in partite ufficiali segnando 81 gol e vincendo 4 Scudetti e 2 Coppe Latina. Con la sua nazionale, la Svezia, vince la medaglia d'oro alle Olimpiadi del 1948 e la medaglia d'argento ai Mondiali 1958. Nel 1963 il Barone diventa allenatore, guidando il Milan (dal 1963 al 1966, dal 1977 al 1979, dal 1984 al 1987, per un totale di 280 panchine) e Roma a più riprese oltre a Verona, Monza, Varese e Fiorentina. Il bilancio è di 2 scudetti, uno rossonero (quello della stella) e uno giallorosso. E' stato il primo allenatore ad applicare la marcatura a zona in Italia. E' considerato il giocatore svedese più forte di tutti i tempi (nella foto è riportato il francobollo svedese dedicato al "Barone").

Per ricordare l'ironia di cui era dotato e che lo rese uno dei personaggi più amati dai tifosi, ho deciso di riproporre alcuni dei siparietti di cui è stato protagonista. Il primo riguarda un fatto accaduto nel lontano gennaio 1985, quando sedeva sulla panchina dei rossoneri. Il Milan è a Roma per giocare contro la Lazio, ma poco prima di scendere in campo, con le distinte ufficiali delle formazioni già pronte, la partita è rinviata al giorno successivo a causa di una nevicata che ha reso il campo impraticale. Il giorno dopo tutta la squadra rossonera è convinta che l'allenatore riproponga la formazione del giorno prima. Ed è quello che sostanzialmente accade, ma c'è una novità: Virdis al posto di Incoccciati. Incocciati si azzarda a chiedere spiegazioni, "Mister ma perchè ieri ero in formazione e oggi no?!". "Ecco appunto - la risposta - tu già iocato ieri, oggi ioca Pietro che è più riposato... (fonte sito ufficiale dell'AC Milan).
Un altro siparietto curioso accade durante un'intervista in cui a un giornalista che gli chiede quale fosse stata la sua migliore partita giocata, il Barone risponde: "La miglior partita è stata la finale del '58 contro il Brasile".
"Ma signor Liedholm - ribatte il giornalista stupito - avete perso 5 a 2!". "Sì, ma io sono uscito sull'1 a 0 per noi".

Addio Nils, ci mancherai!!


lunedì 5 novembre 2007

La classifica delle 10 migliori esultanze nel calcio

L'adrenalina che scorre in corpo e il rumore della folla seduta sugli spalti, può spingere i calciatori a esultare in maniera molto divertente subito dopo che la palla è finita in rete. Per questo motivo il tabloid britannico "The Sun" ha cercato di stilare una classifica delle dieci migliori esultanze di sempre nella storia del calcio. Sul gradino più alto del podio è finita quella di Paul Gascogne che, dopo un goal alla Scozia agli Europei del 2006, ha mimato una bevuta con l'aiuto di Teddy Sheringham(vedi foto a sinistra). Al secondo posto ha piazzato l'esultanza di un altro calciatore terribile della Premier League, Eric Cantona, che nella stagione 96/97, dopo un bel gol in pallonetto al Sunderland rivolse uno sguardo suberbo alle tribune. Sul terzo gradino del podio sale la celebre e tanto cara agli italiani corsa con urlo di Marco Tardelli dopo il goal del due a zero alla Germania nella finale dei Mondiali del 1982 (vedi foto in alto a destra). Sempre tra le prime dieci esultanze troviamo poi quella di Craig Bellamy che mima un colpo di golf dopo una rete al Barcellona al Camp Nou, quella "robotica" di Peter Crouch, quella dell'ex bomber nerazzurro Jurgen Klinsmann che quando segnava era solito tuffarsi come in una piscina, quella del leggendario attacante camerunense Roger Milla che era solito fare un balletto attorno alla bandierina e quella dello sconosciuto giocatore argentino del Fulham, Facundo Sava, che indossava una maschera di Zorro.

Se vuoi vedere la classifica completa e la slideshow, clicca qui.